E’ da qualche mese che avevo l’intenzione di affrontare
questo delicato argomento, cioè il “morboso rapporto PT-Cliente” e finalmente
sono riuscito a metterci mano.
Sapete bene che a me definizione "cliente" piace poco per il
rapporto che si instaura tra il PT (Personal Trainer) e la persona che si
allena, ma essendoci uno scambio di denaro per prestazione erogata è quello più
adatto e torneremo a questo più avanti.
Mi piacerebbe analizzare questo rapporto in modo
bidirezionale, cioè dal punto di vista del PT e da quello del cliente ed
evidenziare alcune caratteristiche che a mio avviso dovrebbero essere comprese
e riviste.
Partiamo dal cliente. Esiste una vera e propria sudditanza
verso il proprio Trainer, inconscia ovviamente, ma estramamente marcata. E’
difficilissimo che un cliente lasci il proprio PT, spesso preferisce interrompere gli allenamenti piuttosto che
decidere di allenarsi con un’altra persona, ed anche se lo fà, questo accade
dopo lunghi periodi di riflessione. Comprendo pienamente questo processo
mentale, poichè se hai deciso di investire denaro sonante in una persona e nel
suo servizio devi essere fermamente convinto che sia la persona che possa dare
le migliori risposte alle tue esigenze. Altrimenti perchè investire su lui/lei
e non su un’altro? Questa convinzione si afferma ancor più se si instaura un
rapporto di amicizia, se ci si frequenta anche per eventi fuori allenamento
come escursioni, cene, ecc. (non fate quel sorrisetto maligno!!)
Il Trainer: a prescindere su come ha impostato il suo stile
di lavoro, se sull’amicizia, sul risultato a tutti costi, sulla motivazione,
ecc., il PT sta facendo comunque il suo lavoro, ed è grazie alla sua
preparazione che riesce ad avere e mantenere dei “clienti” che gli daranno la
possibilità di pagare l’affitto, le bollette e la rata della macchina. Per cui
il suo pacchetto clienti è importantissimo e come in tutti i lavori, acquisirne
uno nuovo è piuttosto semplice, mantenerlo non sempre. Uniamo questo alla
suddittanza che il cliente vive inconsciamente ed ecco che il PT sviluppa la
convinzione di avere un “diritto di prelazione” su quel cliente, il dovere
dunque di difenderlo dagli attacchi di altri concorrenti, di doverlo
fidelizzare al massimo esaltando le proprie qualità e sminuendo quelle dei colleghi.
Come ovviamente si capisce, si tratta di equilibrio stabile
finchè uno tra tanti piccoli dettagli vacilla: il cliente vede un collega far
fare un esercizio che attira la sua attenzione, c’è un calo di motivazione
dovuto a noia o routine di allenamento ripetitive, dopo un periodo di
inattività il PT non riesce a fidelizzare come in precedenza la persona, il PT
si adagia sul rapporto che si è intstaurato e comincia ad ne sono tanti essere
negligente su alcune cose come la puntualità, l’attenzione verso la persona,
ecc. Ne basta uno perchè qualcosa si possa rompere ed ecco che si arriva al
momento critico: il cliente non rinnova le sedute...o peggio ancora, rinnova,
ma con un concorrente-collega!
Analizziamo nuovamente la situazione dai due punti di vista,
partendo questa volta dal PT in una situazione tipo:
La prima reazione del PT è di sgomento, di delusione con la
ferma convinzione che il cliente non si renda conto dell’errore che sta per
compiere e con il sospetto fermo che il concorrente abbia guidato con false
promesse, prezzi allettanti ed altre diavolerie il cliente a lui. Seguono in
genere un’accesa discussione tra i due che si risolve in un nulla di fatto nel
90% dei casi, non prima però di aver coinvolto e messo in imbarazzo il cliente!
Pessima situazione...altamente sconsigliata dal sottoscritto.
D’altra parte ogni PT con un minimo di esperienza sà che
queste situazioni capitano e la prima domanda che dovrebbe porrsi è: cosa ho
sbagliato? Mettersi in discussione purtroppo è più difficile che spostare le
colpe altrove.
D’altro canto il cliente, in quanto amministratore del
proprio denaro, può e deve decidere in massima libertà dove e come investirlo.
Inoltre, a mio avviso, ci sono due situazioni estremamente
favorevoli per un PT che si trovi in questa situazione: in primis, se il PT si
comporta in modo professionale senza sollevare inutili polveroni, il cliente potrebbe optare per la soluzione
dei due trainer, che possono dare varietà all’allenamento ed in fondo non
scontentare nessuno. Ma l’opportunità maggiore è data dal fatto che, se il PT è
certo dei propri mezzi, un’esperienza di “tradimento” da parte del cliente, magari
rivelatasi negativa, può portare anche
al rafforzamento delle sue convinzioni iniziali, cioè che aveva scelto il PT
migliore e quindi torna sui suoi passi senza lasciarlo più.
Il cliente invece si trova nella imbarazzante situazione di
aver a che fare con due caratteri spesso forti che si contrappongono cercando
entrambi di convincere della propria bontà il malcapitato che deve decidere se
lasciare il vecchio per il nuovo o restare in una situazione in cui non stava
più a proprio agio. La terza opzione è abbandonare completamente l’uso del PT,
la scelta peggiore per tutti. Quella migliore di vivere un periodo di
transazione in cui si allena con entrambi e valutare le rispettive capacità per
poi optare per uno o l’altro o continuare con entrambi.
Ma di base vorrei dare due consigli, uno ai PT ed uno ai
clienti:
PT: Siate professionali sempre e comunque, fate bene quello
che sapete fare, non improvvisatevi e non parlate (male) di cose che non
conoscete. I vostri clienti apprezzeranno.
Clienti: non abbiate timore di provare 3-4 PTs prima di
decidere chi fà a caso vostro e non createvi problemi ad allenarvi anche con 2
diversi. Non siamo tuttologi!
Articolo interessante! ;-)
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